Nel mondo occidentale si è soliti abbinare al cibo salato il vino, la birra e in generale le bevande alcoliche. Pensa alla pizza, spesso associata alla birra, o ad un ricco pranzo domenicale in famiglia accompagnato da un bicchiere di rosso.
Chi è astemio o non gradisce bere alcol, invece, opta per bevande gassate, zuccherine o della semplice acqua.
Nel nostro paese il tè, dobbiamo ammetterlo, non è tra le prime scelte per accompagnare un piatto salato. Ma l’idea di bere tè caldo durante i pasti non è poi così stravagante e può esaltare e prolungare il gusto del cibo in tavola. Questo dipende dalla sua temperatura in tazza e della composizione organolettica – diversa per ogni tè – che reagisce con quella delle pietanze.
In oriente la combo tè + cibo è invece all’ordine del giorno: in Giappone il Sencha può accompagnare qualsiasi pietanza, in Taiwan è comune bere Wulong locali durante i pasti, così come in Cina mangiare sorseggiando tè verde al gelsomino è tradizione. Se ci pensi un attimo, quest’abitudine consolidata la puoi ritrovare, ad esempio, quando vai a cena in un ristorante cinese che propone diversi tè all’interno del menù di piatti tipici.
Le abitudini quotidiane delle famiglie occidentali sono quindi simili a quelle orientali, ma si preferisce accompagnare il cibo a un bicchiere di vino a cui si è affezionati e che soddisfa i propri gusti, senza però prestare particolare attenzione a un abbinamento specifico.
Pairing e consapevolezza
In che modo accostiamo il tè al cibo? Il pairing è sempre un processo consapevole, oppure le scelte sono semplici tentativi e sperimentazioni nella classica modalità “trial and error”? Vediamo insieme le diverse modalità di abbinamento.
La casualità: servire ciò che si ha a disposizione potrebbe sembrare una scelta bizzarra, ma alla fine se l’abbinamento ti è piaciuto avrai trascorso un momento piacevole e appagato i tuoi sensi. E se al contrario non è stato particolarmente piacevole, potresti comunque aver degustato un tè che, preso separatamente, sarebbe stato di tuo gradimento.
Come recita il detto? “Finché c’è gusto non c’è perdenza”. Fanne il tuo mantra!
La scelta guidata: se decidi di fare abbinamenti già studiati e provati da altre persone, magari con una certa esperienza, andrai sul sicuro e non sbaglierai mai. Dobbiamo però ammettere che si tratta di una scelta per menti poco curiose. Per me, soprattutto all’inizio, esplorare, inventare e provare nuovi abbinamenti è sempre più divertente.
Ci tengo ad aggiungere una precisazione davvero importante relativa alla scelta guidata degli abbinamenti tè e cibo: il tè utilizzato potrebbe non essere esattamente lo stesso suggerito dalla ricetta o dal libro che hai letto.
Ti faccio l’esempio dell’abbinamento tè sencha e risotto ai frutti di mare, consigliato da molti: sul mercato si possono trovare decine di sencha da cultivar diverse, ombreggiati o meno, raccolti in momenti dell’anno diversi, conservati e preparati più o meno bene. Di conseguenza, ognuno di questi tè avrà semplicemente un gusto diverso dall’altro. Persino il variare dell’acqua utilizzata influisce sul sapore finale del tè.
Tutto ciò accade anche nella preparazione del cibo. Quante volte una ricetta trasmessa dalla nostra nonna ed eseguita alla lettera secondo i suoi suggerimenti, è venuta fuori completamente diversa da come l’abbiamo mangiata per anni?
Chiudo questa parentesi solo per dirti che seguire pedissequamente i suggerimenti sul pairing va benissimo, ma sappi che il risultato finale potrebbe non essere all’altezza delle tue aspettative.
L’abbinamento perfetto, quello né casuale né guidato, si ottiene invece se si ha una certa conoscenza sia sul cibo sia sul tè. Bada bene, per conoscenza non intendo per forza l’esperienza di uno chef stellato che fa quel mestiere da anni: l’importante è avere consapevolezza di tutto lo spettro del gusto e destreggiarsi con diverse tecniche di preparazione.
Potrà capitare di partire da un’idea di pairing sulla carta vincente, ma che poi nella pratica non ha successo. Il segreto è prendere appunti sul gusto del cibo, sulla sua consistenza e sulle tecniche di cottura, e poi fare lo stesso con il tè: individuare e appuntarsi gusto, sentori, retrogusto, tecnica di infusione. Questa modalità analitica ti permetterà di sperimentare con consapevolezza e arrivare un giorno ad avere piena padronanza degli ingredienti utilizzati, del risultato ottenuto dai procedimenti di preparazione e soprattutto degli abbinamenti più sensati. In questo modo, tutto risulterà estremamente naturale.
La ruota dei sapori
Arriviamo al punto: cosa potrebbe accadere se avessimo tempo e conoscenza, anche base, su cibo, vino e tè, e quindi su come creare consapevolmente un abbinamento efficace? Si vivrebbe un’esperienza sensoriale unica, una gioia assoluta per le nostre papille gustative!
Prima di spiegarti come agiscono i nostri sensi in cucina, ti introduco la ruota dei sapori. Si tratta di uno strumento visivo, ispirato alla ruota dei colori, utilizzato per aiutare a identificare e comprendere come i diversi gusti possono interagire e completarsi tra loro. È particolarmente utile nel mondo della gastronomia, ma anche nella degustazione del tè, dove la capacità di riconoscere e bilanciare i sapori è fondamentale per creare esperienze gustative armoniche.
Online o all’interno di manuali dedicati all’arte gastronomica potrai trovare diverse ruote dei sapori. Ogni ruota contiene 5 strumenti di analisi:
- Consistenza
- Tipi di sapori
- Gusti
- Aromi principali
- Intensità
Ciascuno di essi è suddiviso in un che determina se il sapore in questione è:
- Fresco
- Vivace
- Secco
- Astringente
- Brillante
E infine un cerchio ulteriore determinerà se è:
- Caldo
- Morbido
- Ricco
Gli indicatori di intensità del sapore variano da XS a XL. Se hai dimestichezza con le taglie di abbigliamento, sarà facile dare una valutazione al sapore 🙂
Puoi quindi utilizzare la ruota dei sapori come uno strumento che può aiutarti a sviluppare un linguaggio e a identificare e descrivere ciò che si sta assaggiando. Nel corso del tempo e con un po’ di esercizio, il tuo cervello avrà fatto spazio a una biblioteca di sapori che sarai finalmente in grado di definire con precisione.
Non solo gusto: i cinque sensi
Quando mangiamo e beviamo qualcosa esiste una regola fondamentale: farlo con consapevolezza. Proprio per questo le ruote dei sapori possono essere un grande aiuto, ma in ogni caso tutto dipenderà da te e da come assaggerai il tuo cibo o degusterai il tè.
Una percezione davvero completa sarà possibile solo se utilizzerai tutti e 5 i sensi. Il detto “Si mangia prima con gli occhi” ha in sé una verità scientifica.
Vista: quando abbiamo davanti ai nostri occhi una pietanza o una bevanda che amiamo, nel nostro cervello si scatenano centinaia di emozioni che ci riempiono di desiderio, ci fanno venire l’acquolina in bocca e il nostro stomaco inizia a brontolare. Buon segno!
Udito: penserai che sia totalmente irrilevante, ma anche le orecchie vogliono la loro parte! Pensa quando senti il “crunch” del pane croccante appena sfornato, o il piacevole rumore generato dal morso di un croissant: fa tutto parte dell’esperienza.
Olfatto e tatto: stesso discorso vale per i profumi, ovviamente, e per la consistenza tattile di un cibo. Pensa a quando la mattina hai tra le mani un soffice plum cake: se fosse duro e vecchio, te ne accorgeresti toccandolo ancor prima che mangiandolo.
Tutti i sensi oltre al gusto, quindi, sono coinvolti. Trasformare l’atto del cibarsi in un’esperienza memorabile ogni giorno è possibile solo se lo facciamo con questa consapevolezza.
Il quinto gusto: l’umami
Per descrivere il gusto di un cibo o di una bevanda dobbiamo avere chiaro a cosa corrispondono i cinque gusti fondamentali presenti nella ruota dei sapori: dolce, salato, acido, amaro e umami.
Non mi dilungo a descriverti i primi quattro sapori che conosci bene anche tu, ma il quinto gusto potresti non averlo mai sentito prima d’ora.
L’umami è stato scoperto e definito nel 1908 dallo scienziato giapponese Kikunae Ikeda. Letteralmente vuol dire saporito, ma la definizione ufficiale è quella di un gusto sapido e piacevole, derivante da glutammato, inosinato e guanilato, sostanze presenti naturalmente in carne, pesce e formaggi.
Quali sono i cibi che potrebbero sprigionare tutto il loro gusto umami? Le alghe, il parmigiano, i pomodori e i cibi fermentati in generale.
Ritornando al tè, possiamo per esempio ritrovare l’umami in quelle tipologie ricche di amminoacidi, nei tè verdi primaverili e nel matcha.
Hai presente quella sensazione di intensa salivazione che solo alcuni cibi riescono a darti? Magari non ci hai mai fatto caso, ma prova a gustare con attenzione un semplice pomodoro e riuscirai a percepire per la prima volta l’umami in bocca, un gusto che avrai sentito già tante volte senza avergli mai dato un nome.
A proposito: ricordati che la percezione e l’identificazione dei gusti sono legati alla memoria e all’impatto che determinati cibi e bevande hanno avuto sul nostro cervello. I ricordi sono fondamentali per apprezzare o non gradire un cibo: il nostro passato incide sulla personale percezione del gusto e ci rende diversi gli uni dagli altri quando parliamo di cibo.
L’esperienza sensoriale del tè
Torniamo ai cinque gusti, e iniziamo finalmente il nostro viaggio di esplorazione del tè.
Nel tè ritroviamo prevalentemente il dolce, l’amaro (astringente) e l’umami. L’acidità, se e quando presente, è leggera ed elegante.
Il tè non è salato: se mai ti è capitato di avere la sensazione che il tè fosse saporito o sapido, allora sarà stato merito del suo gusto umami.
Ti sorprenderà sapere che i diversi aromi che potrai riscontrare nel tè sono tantissimi: gli scienziati ne hanno analizzati e nominati circa 4.000!
Più aromi e sapori diversi saranno presenti in un tè, più sarà lunga la durata del gusto sul palato che proverai: è ciò che definiamo complessità.
La prima cosa da fare, quando si beve un tè o si fa una degustazione, è determinare il gruppo aromatico principale in base al sapore, per poi cercare di individuare in un secondo momento tutte le sfumature e i cosiddetti subsapori. Per capirci, il gruppo aromatico principale di un tè può essere quello vegetale, mentre il gruppo secondario, il subsapore, può essere quello di spinaci, menta o sottobosco.
Il finale, invece, è la sensazione che permane nel momento in cui il sapore scompare. Non è dissimile da quella impressione più o meno prolungata (e più o meno piacevole!) che si avverte in bocca una volta deglutito il vino.
Se il gusto finale persiste a lungo anche dopo aver deglutito il tè, possiamo parlare di retrogusto, l’“aftertaste”. La lunghezza, quindi, va di pari passo alla complessità e alla qualità di un tè.
Ma come determinare il profilo aromatico di un tè? Te lo racconto nel prossimo post del blog, proponendoti un esercizio di degustazione e dandoti alcuni consigli di pairing davvero ben riusciti! Nel frattempo, puoi andare a scoprire i migliori abbinamenti tra tè e dolci di cui ho parlato nell’ultimo post.